sabato 28 dicembre 2013

Il minimondo di Facebook.



Si parla di Facebook. O meglio di chi contribuisce alla sua costante vitalità. Se ne parla controvoglia certo, perché ormai l'argomento è stato sviscerato in ogni sua componente: analizzato il successo planetario, messo in evidenza le carenze di privacy, invidiata l'idea geniale e così remunerativa.
Il cinico però, in quanto tale, è attratto dalla sua linfa vitale: i personaggi che popolano il web e qui di seguito ne stilerà una graduatoria più o meno verosimile nella quale qualcuno potrà di certo rispecchiarsi.
Ecco a voi la prima parte della classifica.

10- Il vuoto pneumatico. Colui che non prende mai posizione. Nel mondo scoppia una guerra nucleare? Fa lo stesso, al momento è più importante farci sapere di aver ingurgitato 3 Kg di riso basmati. Non ha gusto, non ha fantasia, non ha giudizio e nemmeno pregiudizio. esiste solo lui e il suo orticello di Farmville.

9- Il fotografo amatoriale. Ti riempie la home di scatti fatti ovunque, con chiunque, orsù dunque, avvocata nostra. Lo hai aggiunto agli amici dopo aver visto qualche album ed ora ti ritrovi a dover bloccare gli aggiornamenti.

8- L'animalista ultra mega estremo livello finale. Esiste solo la sua campagna contro l'uomo. Eppure è uomo ma odia gli uomini, non se stesso però perché lui è diverso. E perché gli animali son meglio degli uomini e cerca di fartelo capire pubblicando duemila post su altrettanti raduni in piazza, banchetti in piazza, sit in in piazza, flash mob in piazza. No a questo, no a quello, no ai NO, no ai SI. La carne non si mangia, i pesci forse si, le zanzare devono morire tutte. Vai sul suo profilo e non trovi altro, solo discussioni riguardanti gli animali. Invece di adottare un cane ti vien voglia di adottare lui.

7- L'analista Politico. Sa tutto della situazione internazionale, di economia e rischio di rivolte sociali. Meticolosamente sciorina previsioni per il futuro e offre consigli su come affrontare la crisi. Vota PD con convinzione. Lo elimini dalle amicizie per non perdere quel poco di dignità che ti rimane.

6- I genitori. E' pieno di genitori. Mamme che pubblicano foto in costume al mare in pose anni '80 e padri che non si arrendono all'età in sella alla loro motocicletta vestiti da centauri. Ma fa strano solo a me sta cosa o glielo avete detto che non è mica tanto normale?

(CONTINUA...)

martedì 14 dicembre 2010

Indovina chi?

è mafioso. corruttore. truffatore. imprenditore che si è fatto da solo. falso. presidente di una società di calcio. evasore fiscale. compratore di uomini. proprietario di tre reti televisive. amico di Dell'Utri. datore di lavoro del mafioso Mangano. indagato. processato. prescritto. assolto per estinzione del reato. colpevole. rifatto. razzista. fascista. brutta copia di un dittatore. amico di Putin. amico di Bush. amico di Gheddafi. piacione. fastidioso. barzellettiere. clown. cavaliere con la macchia. difensore della libertà (sua). spregevole. amante delle (belle e giovani) donne. fondatore di Fininvest, Mediaset e Telecinco. maestro del bunga bunga. terzo uomo più ricco d'Italia. divorziato ma difensore della famiglia. pupillo di Bettino Craxi. proprietario di Mondadori e Standa, la Villa san Martino ad Arcore, due ville a Porto Rotondo (le confinanti Villa Certosa e Villa Stephanie), una a Macherio, una a Lesa, una a Lesmo, cinque appartamenti a Milano (di cui uno in comproprietà), un terreno in Antigua e Barbuda e tre imbarcazioni.. Mazzettaro di giudici. appartenente alla Loggia massonica P2 tessera 1816. legislatore ad personam. uomo di bassa statura morale. pervertito.
basta ho già sprecato troppo tempo a parlare di lui. non merita nemmeno le maiuscole.

giovedì 4 novembre 2010

L'uomo dei boschi

E’ passato parecchio tempo dall’ultimo intervento del Cinico: un tempo grumoso e scuro, scandito dal battere costante e osceno delle lancette, fastidioso come un paio di calzini bagnati durante i giorni della Merla. Le settimane sono trascorse ruvide, grattando secche contro le pareti rovinate dell’Italia degli sciacalli, e ormai pare che tutti quanti siano finalmente convinti di non avere una possibilità al mondo d’invecchiare in pace. A queste latitudini, non si può certo star tranquilli: l’aria è viziata, infetta, insozzata dai miasmi vomitati dai camini dei palazzi di un potere becero e arrogante. E allora qui si sta in apnea. Come d’autunno, sui tralicci, gli uccelli migratori. Anche il Cinico arranca, sputa sangue come tutti gli altri, come i metalmeccanici in cassa integrazione a zero ore e come i precari dell’istruzione, come gli studenti senza futuro. E anche il Cinico, come loro, non può fare grandi cose: può imprecare, bestemmiare, sbattere la testa contro il muro, picchiare come un dannato sul suo tamburo di latta, e magari sperare nell’effetto domino della sua indignazione. Il Cinico può dissentire e diffondere il tarlo del dissenso, salire sulla cima del suo sdegno e gridare la sua disapprovazione per un’Italia che sta perdendo. Perché è questo che sta succedendo, mentre il circo mediatico s’interroga su puttane minorenni e cocaina: l’Italia sta perdendo la sfida della competitività, fanalino di coda di un’Europa che arranca, doppiata dai paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina) e minacciata dai nuovi competitori internazionali. Ma soprattutto l’Italia ha un problema. Un grosso, tumefatto problema con un nome e un cognome. Un nome, Silvio: dal nome latino Silvius, che, tratto dalla radice silva  - selva, bosco - può essere tradotto come silvestre, silvano, che vive o proviene dai boschi. E che, aggiungerei, in molti si augurano nei boschi ritorni. Un cognome, Berlusconi: in Italia sono 1.941 persone a beneficiarne, ma ne sarebbe certamente bastata una. Tralasciando per obblighi di spazio la questione morale e sorvolando anche su altre inezie come le “accuse” (apri virgolette, chiudi virgolette) di corruzione, falso in bilancio, conflitto d’interesse, sfruttamento della prostituzione, bunga bunga (roba che avrebbe fatto inorridire Ted Bundy, figuriamoci provocare le dimissioni di un capo di Governo), oggi il Cinico vuole concentrarsi sul più grosso misfatto del Berlusconi. Il meno evidente, forse, ma di gran lunga il più abominevole e imperdonabile. L’uomo dei boschi, prima attraverso le sue televisioni e poi con una sapiente strategia di gestione del potere, ha contribuito in maniera determinate a banalizzare questo Paese, privarlo del suo spessore, della sua anima complessa. L’impero scintillante e cretino di Mediaset ha lentamente trasformato i cittadini in telespettatori cronici, acritici testimoni del nulla. La televisione pubblica si è progressivamente adeguata al modello (con alcune stoiche ma insufficienti sacche di resistenza) e allora è stato un trionfo di banalità e sciocchezze, di gossip e di sederi, di labbroni gonfi come canotti e di mistificazione in perizoma. L’idiozia si è propagata in lungo e in largo come l’influenza suina, quella che si chiama come i porci ma che invece colpisce gli uomini (e forse non è un caso). La banalizzazione della società e dei suoi modelli (veline e prostitute, tronisti e calciatori) ha poi infettato il mondo della politica e della cultura. Improvvisamente tornato in patria dopo vent’anni di assenza, l’ipotetico italiano emigrante s’è trovato tra le mani un Paese devastato, in cui la sola cosa che abbia un senso è l’immagine. Non è più la sostanza a costituire oggetto di dibattito e di contesa, quanto piuttosto l’apparenza, l’involucro vuoto delle cose. Le elezioni si vincono con gli slogan, con il marketing, e una bugia detta bene vale infinitamente più di una verità balbettata. Quindi oggi Fabrizio Corona è una persona interessante, la Troia e il Caso Umano (ops… la Pupa e il Secchione) un argomento di conversazione e la verità non è più il fine di un processo di costante ricerca interiore o una tensione ideale ma è semplicemente una frase vuota detta alla televisione. Contemporaneamente, sul doppio binario morto della nostra rovina, l’uomo dei boschi ha introdotto un linguaggio e un sistema di potere basati su una violenza inaudita. Omofobia, caccia alle streghe, insulti, soprusi, abusi di potere, disprezzo delle donne: alla banalità – utile per lobotomizzare i teleservitori – si è accompagnata la violenza rabbiosa e schiumante originata dall’ambizione di un uomo ormai vecchio e stanco: il Cesare scialbo che i nostri tempi superficiali meritano.
Nell’Italia dell’immagine, l’italiano non immagina più. E’ mediamente stupido, non legge e non capisce. Le nuove generazioni, in particolare, sono arroganti, violente e ignoranti come le capre di Vittorio Sgarbi. Il cambiamento, naturalmente, non si vede ancora all’orizzonte. L’uomo dei boschi non durerà certo ad Aeternum, ma le conseguenze delle sue azioni scellerate, è prevedibile, dureranno decenni. Intere generazioni condannate alla banalità del pensiero, alla negazione della complessità, alla superficialità del pensiero semplice. E allora cosa possiamo fare per invertire tempestivamente la tendenza? Difficile da dirsi. Mi pare però innegabile che il primo passo debba essere uno ed inequivocabile, necessariamente compiuto allontanando la causa prima del nostro male: l’uomo dei boschi se ne deve andare e deve farlo il prima possibile.

martedì 14 settembre 2010

Potevano chiamarla Fantàsia ma hanno scelto Padania




La fantasia ai leghisti di certo non manca. Chiamiamoli sognatori. Come definire altrimenti un “popolo” che crede nella propria superiorità perché nato al nord di una nazione e che addirittura si crea una terra di mezzo tutta sua?! Che non riconosce l’inno nazionale e scredita la bandiera come forse carta straccia?! Avrebbero potuto chiamarla Fantàsia e invece hanno optato per Padania, poco cambia insomma se non che almeno la storia nel primo caso è decisamente migliore. In Padania non si vola di certo su cani giganti e da un paio di anni, da quando cioè Bossi ha permesso che gli allevatori non pagassero le multe per le quote latte, non si vedono nemmeno trattori a bloccare autostrade. Molto strano perché fino a qualche anno fa i produttori di latte erano sul piede di guerra, i telegiornali aprivano con le loro proteste, migliaia di litri di latte buttati nei campi per fare ascoltare la propria voce. Poi, tutt’ad un tratto, puff.. tutto finito. Ma non per tutti, solo per gli allevatori del nord. Si perché quelli delle ragioni non considerate padane non meritavano questo trattamento di favore e han dovuto comunque pagare le multe decise dall’Europa. Ma la gente si sa, è ignorante perché ignora. Così l’armata di verde vestita ha dilatato i propri confini fino a far breccia in Emilia Romagna, sforando il 15% dei consensi alle ultime elezioni regionali. La sinistra perde gli operai e le fabbriche e questi, probabilmente, trovandosi spaesati si rifanno al voto di protesta sapendo che comunque non hanno nulla da perdere. A volte ciò che si perde però è la dignità.
La Lega Nord nasce nei primi anni ’90 come movimento di rottura con le attuali istituzioni. L’Italia usciva dalla stagione di Tangentopoli e per i nordisti la colpa di tutto era da attribuire a Roma e alla Democrazia Cristiana che infestava da troppo tempo i salotti della politica. Il suo leader, Umberto Bossi, diplomato alla scuola per corrispondenza Radio Elettra, passa gli anni ’70 come militante nel gruppo comunista de il manifesto, nel partito di estrema sinistra PdUP, nell’Arci e nei movimenti ambientalisti.
All’entrata in politica di Berlusconi la dura presa di posizione del senatur e dei suoi commensali non si fa attendere. Interviste, articoli ed inchieste (si sono pure fatti un giornale “la Padania”.. peccano di originalità..), comizi, comparsate in tv per additare Silvio, ”colui che è sceso in campo per noi”, come il mafioso di Arcore. Bossi c’è l’ha duro per un po’ poi comincia a prostrarsi al reuccio di Milano 2 ed asseconda i piani del Cavaliere. Del resto lo stesso Bossi il 5 gennaio 1994, al processo Enimont, ammette il finanziamento illecito tramite una tangente ricevuta dalla Montedison. Viene condannato successivamente in via definitiva dalla Cassazione a 8 mesi per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti

Comincia una bellissima storia d’amore tra i due, fatta di leggi ad personam ed attacchi trasversali alla nazione, manie di egocentrismo e rituali con ampolle e formule magiche sul fiume Po’. Sarebbe un bruttissimo film se non fosse tutto vero.  
Così vero che Renzo Bossi, soprannominato dal padre “Il trota”, bocciato per ben 3 volte all’esame di quinta superiore, con la faccia da sveglione che si ritrova riesce a prendere una montagna di voti alle ultime elezioni regionali e a diventare così consigliere regionale della lombardia con uno stipendio mensile di 12mila euro. Studiare non serve a molto a quanto pare.

In vent’anni qualcosa è cambiato. Prima si parlava di secessione, ora si parla di federalismo. Quello che non è cambiato è l’aspetto razziale e provocatorio di questi omini delle montagne. Ovvio che non ci si possa aspettare molto da un “popolo” che ha come modelli soggetti che di umano hanno ben poco, come un Borghezio o un Calderoli. Dilungarsi su di loro sarebbe solo dargli più importanza di quella che madre natura gli ha dato.
Il problema sono però i cittadini che si riconoscono in questi quattro cialtroni da osteria, che hanno la mania di mostrare il dito medio senza sapere il perché e che prendono parte a scenette che nemmeno nei peggiori film trash si possono ritrovare.
Ecco, l’italiano medio si ritrova in certi modi di esprimersi, in certe facce. In realtà la Lega non è mai riuscita a fare nulla di ciò che proclamava, dallo sbarco dei clandestini alla cosiddetta secessione dal sud dell’Italia, erano solo slogan per gente dalla mentalità ristretta. Dopo 15 anni di berlusconismo, i cervelli resettati sono aumentati e Bossi, l’uomo Er-ictus, e la sua allegra brigata, hanno capito che è il momento giusto per aumentare il consenso anche al centro Italia.

Alle prossime elezioni, troveremo come candidati per la Lega Nord il nano Valrus, il vikingo Belzort e il mago Zolforus. Poi se si vince tutti a in sella ai cavalli alati e a far le orge con streghe. L’idiozia non finisce mai di sorprendermi.

venerdì 10 settembre 2010

No alla vivisezione e no all'ipocrisia


Tralasciando il fatto che non avete voglia nemmeno di scrivere una minchiata sulla bacheca, prendiamo per buona l’unica richiesta presente.
Si tratta della vivisezione ai danni degli animali o meglio della nuova direttiva europea che permette di sperimentare test o vivisezionare anche animali randagi di specie domestiche (quindi anche cani gatti).
In questi giorni vi è stata una grande mobilitazione del popolo della rete anche se, come sappiamo benissimo, certe prese di posizione lasciano il tempo che trovano se poi non si fa qualcosa di concreto.
L’argomento è molto delicato perché si tratta della vita di esseri viventi, ma proviamo ad approfondirlo un po’.
La battaglia si è combattuta su due fronti ed è andata avanti per oltre quattro anni. Da una parte le associazioni antivivisezioniste e dall’altra le lobby dei vivisettori, delle quali fanno parte multinazionali chimico-farmaceutiche, università e grosse associazioni per la ricerca medica.
Ovviamente lo scontro è passato attraverso i vari organismi dell'UE: prima la Commissione, poi le commissioni del Parlamento Europeo, poi il Parlamento Europeo in sessione plenaria, poi il Consiglio dei Ministri, e infine di nuovo al Parlamento in plenaria. Insomma il solito iter burocratico che segue ogni approvazione di una qualsiasi delibera. Ad ogni riunione quindi c’è stata una mobilitazione sia su di un versante, (sit-in, manifestazioni di piazza, volantinaggio) sia sull’altro versante (convincimento di eurodeputati).
Le notizie non sono del tutto negative, anzi. E’ vero che si è fatto un passo indietro con la possibilità di “torturare” anche animali domestici ma, come si legge sul sito di AgireOra  Network, sono stati fatti anche passi in avanti, piccoli ma importanti.
Tra questi l’obbligo di attendere l’autorizzazione da parte del Ministero della salute, questo consente agli organi di controllo di NON dare l'autorizzazione quando ritengano che la sperimentazione non vada fatta. E' previsto, e prima non esisteva, l'obbligo di indicare sulla richiesta di autorizzazione il "livello di sofferenza". Più alto è, maggiori sono gli obblighi per il rilascio dell'autorizzazione. Viene vietata la sperimentazione sulle forme fetali di mammiferi e cefalopodi. E' stato inserito il divieto di uso di scimmie antropomorfe (non TUTTE le scimmie, solo gorilla, scimpanzé, bonobo, gibboni, orangutan) tranne in casi eccezionali.
Inoltre, sono previste ispezioni a sorpresa e il reinserimento degli animali che non saranno più usati in esperimenti.
Si può tranquillamente dire che non tutto è perduto, soprattutto pensando che ora la direttiva dovrà essere rivista a livello nazionale, dove siamo sicuri non mancheranno altre battaglie.

Stanotte una zanzara non mi ha lasciato dormire. Contemporaneamente, dovendo stare sveglio, pensavo a cosa avrei potuto scrivere in questo articolo. Avrei voluto ucciderla quella zanzara e mi chiedevo quali fossero le differenze tra un insetto ed un mammifero. La differenza la fa l’essere umano. Siamo sempre noi a decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato, ad arrancarci sulle nostre posizioni per non sentirci chiamare stupidi. In fondo anche la zanzara è un animale, la mosca con il suo ronzare così maledettamente fastidioso, le formiche che te le ritrovi dappertutto, le api delle quali abbiamo una paura boia perché potrebbero darci di pizzico. Non sono anche questi animali? Solo perché il gatto se ne sta buono a farsi coccolare sul divano è da considerare migliore di qualche altra specie? Allora quella volta che invece non gli vai a genio e ti graffia cos’è, merita di essere schiacciato come la zanzara?
La mucca, un animale docile, abituato al pascolo. La mangiamo e mica stiamo li a pensare che anche lei nasce, vive e poi muore per mano nostra? In Cina mangiano i cani, aldilà di tutte le sofferenze per i metodi brutali che hanno, perché non dovrebbero sentirsi liberi di farlo? Quale potere abbiamo noi che ci permette di dire cosa è giusto e cosa è sbagliato? E se fossimo nati con la concezione che la mucca è un animale domestico e la carne di cane la nostra fonte primaria di nutrimento staremmo ancora qui a condannare i cinesi? Penso proprio di no. Con ciò non voglio giustificare nessun maltrattamento ai danni degli animali, per carità. Vorrei solo evitare di essere ipocrita almeno nei loro confronti. Gli animali o si rispettano tutti o la si finisce di fare i San Francesco della situazione. Credo che nessuno abbia la facoltà di decidere chi deve vivere e chi deve morire, innanzitutto noi come esseri umani, noi che ci riteniamo la specie più evoluta.
La sperimentazione invece è un’altra cosa. Nella maggior parte dei casi si tratta di una sofferenza inutile e perpetrata nel tempo. Si devono cercare nuove strade o perlomeno ridurre al minimo l’uso degli animali per scopi scientifici. 

Ovviamente la delibera è passata grazie ai soliti parlamentari che da anni scaldano sedie ovunque si trovino. Non invitate mai a cena nessuno di questi tipi loschi altrimenti appena si siedono non si rialzano più. I partecipanti li trovate cliccando il link qui sotto, sono nomi fantastici, a partire dalla Ivanona Zanicchi e dalla Gardini deputate del PDL ed ex presentatrici Mediaset. Ora sappiamo che a Silvio piacciono anche le attempate, il nano non si ferma davanti a nulla.

giovedì 9 settembre 2010

Lo Spirito d'immobilismo dei sassi

Ormai da tempo le prime pagine dei quotidiani sono esclusivo monopolio dei soliti quattro politicanti che, visibilmente soddisfatti, passano il tempo scagliandosi manciate di merda in mondo-visione. Grida da destra, improperi da sinistra, accuse di prostituzione istituzionale, indici puntati e cacofonia generale. Niente di nuovo e tantomeno d'interessante. Se non fosse che nel frattempo l'Italia arranca e sputa sangue, sarebbe il caso di lasciare che si scannino a vicenda sino ad estinguersi in un trionfo di darwinismo politico per il bene del Paese: attacco dopo attacco, lasciare che le poltrone si sgretolino cozzando le une contro le altre, sino a diventare seggi finalmente vuoti da riempire di nuovi contenuti. La paura è che tale forma organica, le piattole incravattate del sistema, non risponda più ai normali criteri evoluzionistici ed abbia invece sviluppato nei decenni una sorta di anticorpo al rinnovamento. Uno scudo contro il cambiamento. Titola il Corriere della Sera "Berlusconi: io vado avanti". Mai avuto dubbi in proposito. Non sia mai che nella Repubblica delle banane qualcuno faccia un passo indietro. Non bastano gli avvisi di garanzia, gli scandali, la corruzione, le condanne, l'immobilismo sostanziale, la decadenza del potere: i massi non si muovono. Per retrocedere è necessario che una forza di superiore misura spinga in senso contrario. Altimenti, si resta fermi, ammuffendo. Non s'è mai sentito di un masso che abbia deciso da solo di spostarsi dal sentiero. La rinuncia ad una posizione, in questo Paese, non è mai volontaria. E' sempre imposta dall'alto, forzata da considerazioni di marketing politico, convenienze più forti di altre convenienze. Paradossalmente, in Italia, quando si cambia, è perché tutto rimanga invariato: abbiamo inventato il movimento statico.
Se ogni piccola modifica all'ordine altrimenti invariabile delle situazioni è imposta dall'alto, il problema sostanziale, qui, è il concetto stesso di "alto". In Italia, oggi, qual'è la reale gerarchia delle cose? Quali sono i fari che orientano le scelte, che indicano le direzioni verso cui muoversi come nazione, come sistema, come comunità? Sarebbe bello e opportuno che la forza propulsiva dei cambiamenti fosse ispirata ai valori, ai principi, e quindi alle leggi, alla carta costituzionale, alla giustizia. E invece, quando in Italia una foglia riesce anche solo ad oscillare, il vento che la muove non scende dalle santissime vette del pensiero o del diritto, ma esce dagli uffici impolverati dei partiti, dalle macchinazioni opportunistiche di una burocrazia classista arroccata sui propri antichi privilegi. Insomma, non è l'Esprit de Loi che ci guida, quanto piuttosto l'estratto conto di Maurizio Gasparri. E allora verso cosa ci stiamo muovendo? Verso un'invisibile linea orientata al progresso, oppure verso un gorgo oscuro che del progresso, al limite, può rappresentare solo il buco del culo? L'impressione, osservando le mosse dei gerontocrati che ci rappresentano, è che non stiano affatto puntando la prua in avanti, ma che invece si limitino a gironzolare cazzeggiando, grattandosi via le rispettive pulci, azzuffandosi o annusandosi il didietro.
  
Queste sono considerazioni astratte e persino apocalittiche, me ne rendo conto. Sono addirittura stupide, idealistiche in un mondo in cui l'idealismo non ha ormai cittadinanza. Eppure, di tanto in tanto, è consigliato parlare - o scrivere - di qualcosa che nell'immediato non si vede e non si tocca. E' un esercizio utile: dimenticarsi per un pò del giardino di casa propria, imboccare il vialetto per buttare l'immondizia e, una volta fuori, gettare lo sguardo un pò più in là.      

mercoledì 8 settembre 2010

Il dissenso è il sale della democrazia

La gente, intesa come popolo pensante, si è stancata. La gente in effetti capisce (non sembra ma è così) giorno dopo giorno di non essere più “gente” ma sempre di più “persone”. Non è cosa da poco, soprattutto di questi tempi. La dimostrazione palese di ciò che dico sono le manifestazioni di dissenso che stanno avvenendo, sparse qua e là per il Paese.

Si è cominciati con la contestazione al cosiddetto senatore Marcello Dell’Utri in quel di Como dove, con la faccia di bronzo che si ritrova, si era presentato per pubblicizzare i pressoché fasulli diari di Mussolini. Gente di tutte le età ma soprattutto giovani, si è ritrovata nel luogo dell’avvenimento e ha democraticamente impedito che un condannato in 2° grado per mafia potesse tenere un comizio. Non ci vedo nulla di scandaloso. Dell’Utri è il cofondatore di Forza Italia, uno dei bracci destri del puttaniere di Arcore, inizia la sua carriera politico-imprenditoriale a Palermo (dove nascono stranamente i primi circoli del partito) per poi appollaiarsi in territorio lombardo, sotto l’ala protettrice del nano. I due insieme faranno grandi cose, fino all’emblematica dichiarazione corale del “Vittorio Mangano era un eroe”, forse detta sull’onda dell’emozione, per non aver visto i loro nomi uscire dalla boccuccia del mafioso condannato all’ergastolo. Sul Corriere della Sera (molto meglio Il Corriere dei Piccoli), si è arrivati addirittura alla difesa di Dell’Utri, attaccando chi ha fatto del dissenso civile (urla e fischi credo lo siano ancora), un’arma da usare nel caso certi personaggi continuino a riproporsi anche in futuro.

Qualche giorno dopo viene contestato pure il braccio destro di Silvio, Gianni Letta, questa volta in un ambiente un po’più snob e scenograficamente meglio allestito, il Festival del Cinema di Venezia. Ovviamente i telegiornali, a parte qualcuno, hanno taciuto la notizia. La carta stampata nemmeno ha preso in considerazione ciò che è successo e tutto è finito dov’era cominciato.

Eccoci invece a Torino. Festa del Partito Democratico. Cosa ci fosse da festeggiare non lo sapevano nemmeno loro ma probabilmente avevano soldi da spendere e avranno pensato di buttarli allegramente nel cesso . Così via con una rassegna di incontri e concerti e dibattiti e spettacoli e.. contestazioni! Solo il PD poteva pensare di festeggiarsi invitando rappresentanti dell’opposizione. Il duo Schifani-Fassino, qualche anno fa acerremi nemici e dora culo e camicia, viene bersagliato di urla e fischi e qualche “vaffanculovolante”, che non guasta mai. Non si può, è maleducazione chiedere al Presidente del Senato che fine abbiano fatto le 350000 firme per il Parlamento pulito, depositate e lasciate a marcire. E’ una brutta cosa esporre un cartellone per chiederlo e così quel cartellone bisogna strapparlo e il manifestante deve essere allontanato in maniera violenta. Non si può pretendere di fare domande durante un’incontro pubblico, tenuto su territorio pubblico. Non si può fischiare ma si può applaudire. Non si può esprimere il proprio dissenso nemmeno con le parole, pensarlo si ma dirlo assolutamente no. I pochi presenti potrebbero capire di essersi sbagliati anche loro. Fassino corre i ripari, difende a spada tratta il “rivale”, vent’anni di poltrone riscaldate a nostre spese non gli son di certo bastati, meglio difendersi l’uno con l’altro in certi casi. Dietro di lui, la fila interminabile di uomini delle istituzioni solidali con il povero Schifani.

Oggi è toccato a Bonanni, il Segretario della Cisl, quello che ha messo a segno uno dei punti del programma P2, la scissione dei sindacati. Appena ha aperto la bocca una montagna di fischi si è riversata sulla sua testa e su quella del suo interlocutore, il sempre giovane Enrico Letta, nipote di quello contestato a Venezia. E’ tutta una grande famiglia. Al grido di “Voi siete antidemocratici” l’esponente della cosiddetta sinistra ha cercato di tenere, inutilmente, testa ai manifestanti. Il sindacalista se n’è andato senza parlare. Nulla di grave, sopravvivremo. Certo, se ci si chiede come si possa esprimere il proprio dissenso se nelle televisioni ci vanno solo loro, sui giornali ci finiscono solo loro, nelle manifestazioni pubbliche possono parlare solo loro e tutto ciò che riguarda la nostra vita lo decidono solo ed esclusivamente loro. A noi è stata lasciata la possibilità di scegliere. O così o così. O me o il mio amico. Accontentarsi, grazie.

Insomma, lo stivale è in subbuglio. Si parla di elezioni anticipate, partiti e partitini stanno facendo le squadre come prima di una partita serale di calcetto. Vecchi e meno vecchi che discutono ancora di come rovinare al meglio e senza farsi scoprire, la nostra meravigliosa penisola. Non gli è bastato.

Chi si sveglierà in tempo per godere della fine potrà esultare in tutta libertà. Gli altri che se ne stiano pure chiusi in casa. A doppia mandata.